(CAVALIERI
MARVEL)
(PARTE SECONDA)
LEGAMI DI SANGUE
Di Carlo Monni
In volo
verso la Grecia, seduta in un comodo posto di prima classe, Elektra Niatchos
guarda fuori dal finestrino ma in realtà la sua mente è altrove: sta pensando
al motivo che l’ha spinta ad imbarcarsi in quel viaggio verso un passato che
sperava di essersi lasciata dietro le
spalle. La Mano, la setta giapponese di superninja a cui una volta apparteneva
la vuole morta ed a questo c’è abituata, ma ora ci sono due nuovi elementi in
gioco: hanno rapito la ragazza che vive con lei, Nina McCabe e questo, di per
se, è intollerabile, ma c’è anche il fatto che in tutta la questione è
coinvolto anche il suo fratello maggiore Orestez. La notte scorsa[1]
Elektra ha fatto un sogno in cui affrontava in duello Orestez e lui vinceva
squartandola senza pietà. Un incubo o forse qualcosa di più. Elektra non lo sa,
ma sa che solo tornando nella casa che fu di suo padre ed affrontando i demoni
del suo passato può sperare di trovare una risposta, per questo sta andando al
suo appuntamento col destino.
Seduto,
cupo e silenzioso, nel retro di una camionetta diretta verso al capitale del
piccolo stato africano del Burunda, l’eroe in costume chiamato Moon Knight
riflette sulla sua situazione: per salvare la vita della sua donna Marlene e
del suo amico Frenchie non ha avuto altra scelta che seguire il suo vecchio nemico
Bushman ed accettare di aiutarlo nel suo folle sogno di riconquistare il potere
strappatogli da una rivoluzione popolare. In qualche modo Moon Knight intende
liberare i suoi amici e fermare Bushman, ma ancora non sa come. Sotto la
maschera che gli copre interamente il volto la sua fronte è corrugata ed il suo
sguardo è preoccupato. La capitale si avvicina e con essa il momento della
scelta.
Il
suo nome è Luke Cage. Non è il nome con
cui quest’uomo afroamericano, come si usa dire oggi, è nato, ma il suo vecchio
nome e la sua vecchia vita non hanno importanza adesso. Quando si sveglia da un
sonno agitato quasi non ricorda di trovarsi in una casa non sua, in un letto
straniero. Del resto non ha più una casa od un ufficio da quando questi sono
saltati in aria a causa di un attentato da parte di un ignoto nemico; un nemico
che non ha esitato, per ucciderlo, a colpire coloro che gli sono amici come: il
giovane D.W. Griffith ed il Detective Quentin Chase; un fatto che riempie Luke
di rabbia, una rabbia che potrà trovare sfogo solo quando il responsabile sarà
nelle sue mani.
2.
Luke
allunga una mano ed incontra un corpo sdraiato nel suo stesso letto. Solo
allora la sua mente si libera definitivamente degli incubi notturni e lui si
ricorda di Cassie Lathrop.
Era
accaduto la notte precedente, dopo che erano scampati alla bomba che un ignoto
attentatore aveva fatto trovare in una delle abitazioni in cui gli agenti
dell’A.T.F.[2]
avevano fatto irruzione. Scampato il pericolo era accaduto qualcosa: troppa
adrenalina in circolo, forse, o magari qualche bicchierino di troppo da parte
di lei quando avevano festeggiato insieme lo scampato pericolo, difficile dirlo
adesso. Quello che conta è che si erano ritrovati insieme nell’appartamentino
di lei e le cose erano precipitate rapidamente. Cage non è né un santo, né un
ipocrita: non si è tirato indietro quando lei gli si è praticamente offerta,
non ha pensato che alla luce del mattino Cassie avrebbe anche potuto
pentirsene, del resto è da tanto tempo che vive alla giornata quando di tratta
di donne e di sesso e qualcosa gli dice che deve essere lo stesso per la sua
compagna di questa notte. Sono finiti sul letto quasi strappandosi i vestiti e
lei si è data a lui in modo totale. Finché non sono crollati, troppo stanchi per
continuare.
Ora,
alla luce del sole, Luke si chiede cosa faranno entrambi. C’erano posti negli
stessi Stati Uniti in cui per quello che hanno fatto sarebbero finiti in
prigione o peggio, ma quei tempi sono passati giusto? Ma forse hanno lo stesso
a che fare col motivo per cui lui l’ha fatto. Luke scuote la testa proprio
mentre lei si agita e si rigira nel letto, puntando i suoi occhi azzurri su di
lui.
-Ciao.- dice semplicemente.
-Uhm, ciao.- risponde lui -Come ti
senti?-
-Magnificamente.- risponde Cassie
maliziosamente –E tu?-
Cage
sogghigna rispondendo:
-Mai stato meglio. Ora, però,
dovrò darmi una mossa. Volevo passare in ospedale da Chase e poi sentire
qualche informatore. Ti dispiace se uso la doccia?-
-Niente affatto.- replica lei,
passando le mani sul suo petto.-E a te dispiace se la faccio anch’io insieme a
te?-
-No… direi proprio di no.-
Vauxhall
Cross, Vauxhall, Londra, sede del Secret Intelligence Service, meglio noto con
la sigla MI6. Gli uomini riuniti in questa sala sono: il direttore dell’MI6, il
cui nome in codice è C, il Sottosegretario Permanente del Primo Ministro,
delegato alla supervisione dei Servizi di Intelligence, il Ministro di Stato
per il Medio Oriente e la Sicurezza Internazionale ed un personaggio che non
riveste alcuna carica ufficiale, ma che si è guadagnato il rispetto di quasi
tutti coloro che si trovano nella sala. Sarà anche molto più vecchio di loro,
costretto su una sedia a rotelle, dipendente sempre più spesso da sistemi di
supporto vitale, ma Sir Denis Nayland Smith non è affatto piegato nello
spirito.
-Dunque, Sir Denis…- sta dicendo C
-… lei sostiene che dietro a tutti questi incidenti ci sarebbe Fu Manchu...-
-Non ho prove certe, ma il mio
istinto mi dice di si.- è la tranquilla replica di Nayland Smith. –E se non è
lui, allora è la sua altrettanto diabolica figlia Fah Lo Suee. Tutto questo
porta la loro firma.-
-Con tutto il rispetto, sir
Denis…- interviene il Sottosegretario Permanente -… ma questo Fu Manchu è un
po’… ehm… la sua ossessione personale. Per molti di noi è poco più di una
leggenda.-
-Quella leggenda, come la chiama
lei, minaccia questo paese e tutto il mondo occidentale da molto prima che lei
nascesse. – replica con fermezza Smith -Lo combatto da più di novant’anni ed in
tutto questo tempo lui si è dimostrato efferato e spietato: ha minacciato le
vite di Capi di Stato e d uomini e donne di Governo, ucciso senza rimorso,
eseguito esperimenti innominabili su cavie umane, rovinato innumerevoli vite,
mi ha spezzato le gambe, ha ucciso o fatto di peggio a molte persone che
conoscevo. Si, possiamo dire che è la mia ossessione, ma ho i miei motivi, non
crede?-
Per
qualche istante il silenzio cala nella sala, poi il Ministro prende la parola:
-Lei cosa propone?-
-La formazione di una task force
speciale con lo scopo di scoprire i
piani di Fu Manchu e di sua figlia e bloccarli.-
-E di quanti… elementi dovrebbe
essere composta?-
-Non molti e tutti veterani della
lotta contro Fu manchu: il mio vecchio braccio destro Black Jack Tarr, Clive
Reston, Leiko Wu e naturalmente il figlio di Fu Manchu, Shang Chi, le cui
abilità particolari e la personale conoscenza del nemico ci saranno utilissime
… oh, ovviamente non posso dimenticare la mia assistente privata, Miss Melissa
Greville.-
-Un gruppo molto scarno.- commenta
il Sottosegretario. -È sicuro che sarà sufficiente?-
-Se la sono cavata molto
efficacemente in passato e ce la faranno ancora, ne sono certo. Sono un gruppo
molto affiatato e poi… non mi sembra il caso di distrarre troppi altri agenti
dai normali compiti, se sarà necessario potremo sempre chiedere rinforzi.-
-Mi sembra ragionevole.- commenta
C.
-Va bene.- dice infine il
Sottosegretario -Dovrò riferire al Primo Ministro, naturalmente, ma credo che a
certe condizioni la sua proposta meriti considerazione.-
Sir Denis abbozza
un sorriso: tutto quello che chiede è solo un’ultima occasione di confrontarsi
col nemico di tutta una vita e se tutto va come spera, l’ha appena avuta.
Una
villa signorile appena fuori Atene, Grecia. L’intera struttura mostra chiari segni
di decadenza, il giardino, una volta florido, ora è preda delle erbacce e le
piante rampicanti hanno ormai preso il pieno possesso della facciata della
casa. Elektra Niatchos non torna in questo luogo da quando aveva 19 anni, dopo
il funerale di suo padre. Ci resto solo il tempo necessario per prendere poche
cose e cominciare il suo cammino verso una meta irraggiungibile. Non si è mai
guardata indietro, non è più tornata… fino ad oggi. Il biglietto che hanno
lasciato nel suo appartamento di New York faceva intendere che qui avrebbe
trovato Nina McCabe e se è così spera di non trovarla morta. In tutti questi anni non ha mai permesso a
se stessa di aprirsi ai sentimenti, è diventata dura, spietata, implacabile. L’unica
volta che ha permesso alle sue umane debolezze di prendere il sopravvento, ha
pagato con la vita. Le è stata data una seconda occasione, perché sprecarla?
Eppure quella ragazzina ha fatto breccia nel suo cuore, colmando un vuoto che
non avrebbe ammesso esistere nemmeno con se stessa. Forse è solo una questione
di orologio biologico, ma in fondo non ha molta importanza: se le hanno fatto
del male li ucciderà e se non l’hanno fatto… li ucciderà lo stesso, molto
semplice.
Mentre
pensa a tutto questo, Elektra percorre il vialetto d’ingresso e raggiunge il
portico della casa. Indugia, forse pensando a fantasmi di un tempo passato, ma
forse non abbastanza dimenticato, poi, proprio mentre mette un piede sul primo
gradino, una voce eccheggia alle sue spalle:
-Benvenuta a casa Elektra.-
Immediatamente
lei si volta e nelle sue mani compaiono i suoi fedeli sai. Si blocca mentre
riconosce il guerriero che le sta davanti e dalle sue labbra esce un nome:
-Tekagi?-
3.
Si: quello in piedi di fronte a lei è proprio Tekagi, il capo dei Serpentieri, uno dei più spietati ed efficienti clan della Mano, fanaticamente devoti agli scopi finali di quell’antica organizzazione. Tekagi che aveva rinunciato alla sua stessa umanità per guadagnare un potere superumano ed il possesso di una mistica spada che si abbeverava di sangue innocente. Tekagi, che è morto, trafitto proprio da quella stessa spada, per mano della stessa Elektra. Tekagi che era stato consumato dalle energie della spada insieme ad essa e di cui non era rimasta che cenere da spargere al vento.[3] È proprio lo stesso Tekagi che ora le sta di fronte? Elektra non lo sa ed in fondo poco le importa. Sa che la magia della Mano è capace di far rivivere i morti: l’hanno fatto con Kirigi e l’hanno fatto con lei stessa, perché non con Tekagi? Se è ancora lui lo ucciderà di nuovo e se sotto quel costume e la maschera c’è un altro, non farà alcuna differenza, l’esito sarà lo stesso.
-Non ti vedo molto sorpresa
Elektra.- le dice, ridendo, il suo avversario –Ti aspettavi di rivedermi vivo?
Scommetto che ti chiedi se sono davvero il Tekagi che conoscevi.-
-La sola cosa che mi chiedo…-
risponde Elektra -… è quale tuo punto vitale colpire per primo.-
-Arrogante come sempre eh, mia
Kunoichi? Dovrò far qualcosa per ricordarti
il significato dell’umiltà.-
-Devo averti già detto che detesto
quella parola.-
-Fredda come non mai eh? Bene,
bene. Vediamo quanto manterrai la tua freddezza in combattimento.-
Nelle
mani dell’uomo in costume verde appare quasi magicamente un’affilata katana che
lui maneggia con incredibile abilità quasi ipnotizzando la stressa Elektra con
le sue evoluzioni.
-Ti piace?- le chiede Tekagi
–Dicono che questa katana sia appartenuta nientemeno che al Sensei Ogun e che
sia imbevuta della sua magia maledetta. Vuoi provare se è vero Elektra? Ma
forse non corri rischi: non hai un’anima da corrompere, dopotutto, non più.-
-La sola cosa che voglio…- replica
Elektra -… è spaccarti il cuore ed assicurarmi che non ti rialzerai mai più.-
-Bene: così ti voglio:combattiva.-
Inizia
il combattimento. Nessuno dei due contendenti sembra avere la meglio: se
Elektra riesce ad evitare la katana di Tekagi, tuttavia non riesce a
mettere a segno neanche un colpo e
tutto questo continua per lungo tempo, poi… un colpo vibrato con destrezza
strappa dalla mano destra di Elektra il sai da lei impugnato, lasciandole solo
un lieve graffio sulle dita. Elektra non si perde d’animo e contrattacca: evita
un colpo di katana e sferra un colpo col sai che stringe nella mano sinistra,
ma Tekagi è svelto e para il colpo, strappandole di mano anche il secondo sai,
poi, con rapidità insospettata, le afferra il polso e glielo torce,
costringendola in ginocchio. A questo punto, con l’altra mano appoggia la lama
della katana sul suo collo.
-Potrei ucciderti facilmente,
adesso, e riportare la tua testa come trofeo… ma non lo farò: voglio che tu
viva sapendo che la tua vita dipende da me… almeno sino alla prossima volta che
c’incontreremo.-
La
presa di Tekagi si allenta ed Elektra sente un rivolo di sangue correrle dal
collo lungo,la schiena. Una ferita superficiale, fatta apposta per segnare il
punto e niente di più. Quando rialza gli occhi Tekagi è scomparso, ma Elektra
sa che lo rivedrà e che quando accadrò il loro scontro, chiunque vinca, sarà
all’ultimo sangue.
Luke
Cage e Cassie Lathrop lasciano l’appartamento di lei, diretti verso l’Ospedale.
Non parlano molto durante il tragitto e soprattutto non parlano di quanto è
accaduto tra loro. Ci sarà tempo per questo, pensano entrambi, meglio
concentrarsi sul lavoro adesso.
Dopo
aver parcheggiato i due si avviano verso l’entrata dell’ospedale e Cassie si
rivolge a Luke:
-Sai, io credo che…-
Non
termina la frase. Improvvisamente ha uno scatto in avanti, come spinta da una
forza invisibile e cade al suolo.
Luke
rimane sconcertato per un attimo, poi vede la pozza di sangue che si allarga
dalla nuca della ragazza e capisce ed è allora che dalla sua gola prorompe un
grido di rabbia e disperazione.
Il
Burunda non è un paese ricco. Certo potrebbe esserlo, ma dopo che ha ottenuto
l’indipendenza dalla Gran Bretagna i suoi nuovi governanti hanno pensato più al
loro tornaconto personale che ai bisogni della popolazione e Raoul Bushman è
stato il peggiore di tutti. Dal suo posto di Presidente a vita ha continuato
una fruttuosa carriera di trafficante d’armi, droga e uomini, interrotta solo
da una rivoluzione che alla fine l’ha travolto. Ora Bushman rivuole il potere
perduto ed ha usato tutto il denaro di cui può disporre (meno una congrua
rendita personale depositata in compiacenti conti off shore, s’intende) per
mettere insieme un esercito di mercenari con cui dare l’assalto al governo
della nazione e non si fermerà sino alla vittoria.
Moon
Knight si sta chiedendo perché questa marcia verso la capitale sia stata,
almeno finora, indisturbata. Probabilmente Bushman ha amici nell’esercito
burundese, non ci sono altre spiegazioni. La qual cosa rende ancora più
difficile il suo intento di rovinare i piani di Bushman e salvare Marlene e
Frenchie. Certo, se sapesse come fare sarebbe meglio per tutti loro.
-So a cosa stai pensando,
Spector.- gli si rivolge improvvisamente Bushman.
-Davvero? Sarebbe un bel passo
avanti per te, Bushman.-
-Sei così prevedibile, lo sai?
Poco importa, però, perché al tuo primo gesto ostile i miei uomini hanno
l’ordine di far saltare la testa del nostro comune amico Frenchie, per non
parlare della bella Miss Alraune.-
-Non sei cambiato, Bushman, sei
sempre il solito bastardo. Non hai bisogno di me per i tuoi folli piani di
dominio, allora, perché mi vuoi in quest’impresa?-
-Te l’ho già detto: mi diverte che
tu sia di nuovo al mio fianco come ai vecchi tempi, li ricordi i vecchi tempi?-
-Ricordo. Ricordo i saccheggi, gli
abitanti dei villaggi radunati e fucilati in massa, ricordo le urla delle donne
stuprate. Ricordo tutto.-
-E ricordi anche che tu eri con
me? Le mie mani saranno sporche di sangue, ma anche le tue lo sono, solo che io
non faccio l’ipocrita e lo ammetto senza problemi.-
Moon
Knight tace: le parole di Bushman hanno colto nel segno, Certo alla fine lui è
stato colto da una crisi di coscienza e si è ribellato, ma la sua nuova vita
basta ad espiare i suoi vecchi peccati? Che ne avrebbe detto suo padre, il
vecchio Rabbino Spector? L’avrebbe perdonato quando nemmeno lui è certo di
saper perdonare se stesso?
In
qualche modo Marc Spector sa che la risposta lo aspetta alla fine della pista.
4.
Elektra
entra nella villa di famiglia. La prima sensazione che l’assale è di camminare
in una tomba. Nessuno ha più abitato lì da almeno 15 anni. L’aria di decadenza
è anche più forte all’interno e con essa l’odore di stantio. Ragnatele e
polvere sono i soli padroni… a parte un tratto quasi del tutto sgombro di
polvere e che forma una specie di sentiero sino... allo studio di suo padre.
Quasi
con timore Elektra ne spinge la porta. La sensazione di violare un sepolcro
aumenta considerevolmente, ma da come si sente potrebbe essere il suo. Il fiato
le si blocca: lo studio è straordinariamente simile a quello in cui, nel suo
sogno, lei veniva letteralmente squartata da suo fratello Orestez.[4]
Il suo sguardo si gira, quasi aspettandosi di trovare le macchie di sangue che
indichino che era tutto vero. E qualcosa c’è veramente, ma ha la stessa aria
vecchia ed avvizzita del resto della casa. Macchie stinte che potrebbero essere
sangue oppure umidità o altro ancora… e poi c’è qualcos’altro: per terra,
vicino alla parete… un braccialetto. Elektra lo riconosce: lei stessa l’aveva
regalato a Nina. Un altro avvertimento per lei, ma a che scopo? Perché giocare
con lei come il gatto col topo? Forse c’è solo una persona a cui chiederlo.
La
morte di un agente federale non è cosa di poco conto, potete scommetterci. Nel
giro di poco meno di mezz’ora dal fatto il luogo è letteralmente pieno di
poliziotti federali, statali e locali e di agenti della Scientifica in cerca
d’indizi. È pomeriggio avanzato quando Luke Cage termina di raccontare per la
settima volta (o è l’ottava?) la sua versione dei fatti. In quel momento, da
un’altra parte non molto lontano, il Capo Medico Legale della Città di New York
in persona, assistito da uno specialista arrivato direttamente dalla sede del
F.B.I. di Quantico in Virginia, termina l’autopsia dell’Agente Speciale
dell’A.T.F. Cassandra Agnes Lathrop di anni 28, uccisa con un colpo di fucile
di precisione alla nuca da un killer al momento ignoto.
Quando
Luke esce dal Quartier Generale della Polizia il minimo che si possa dire è che
è come una polveriera pronta a scoppiare. Non ha bisogno di conoscere i
riscontri dell’autopsia per sapere che il killer non ha sbagliato mira, ha
colpito proprio chi voleva colpire e l’ha fatto per mandargli un chiaro
messaggio: non sei al sicuro e nemmeno lo è chiunque si avvicini a te. Va bene,
pensa Luke, raccolgo la sfida: ti troverò brutto bastardo e quando l’avrò
fatto, non resterà di te abbastanza da riempire un vasetto di marmellata. E chi
vedesse il suo sguardo in questo momento, saprebbe che non sta scherzando.
Atene.
Sede della Fondazione Niatchos. Elektra non ha perso tempo ed è entrata nell’ufficio
dell’Amministratore a passo di marcia.
-Orestez, dobbiamo parlare.- dice.
L’uomo
le volta le spalle ed al suo arrivo inizia a girarsi con studiata lentezza. Il
suo fisico è atletico e statuario, indossa il completo bianco con naturale
eleganza, i suoi capelli sono neri con una lieve spruzzata di grigio qua e là e
gli occhi che ora si puntano su di lei sono azzurri, proprio come quelli di
lei.
-Che piacere rivederti sorellina.-
replica sorridendo Orestez Niatchos –Quanto tempo è passato dall’ultima volta
che ci siamo visti? 25 anni forse? All’epoca eri solo una bambina di nove
anni.-
-Non sono qui per i convenevoli,
fratello, sto cercando una mia amica che è stata rapita e credo che tu ne
sappia qualcosa.-
Orestez
si siede alla scrivania di legno di quercia ed Elektra non può fare a meno di
rabbrividire pensando a quanto somigli al loro defunto padre. Lei non lo
conosce veramente, pensa, suo fratello abbandonò la famiglia quando lei era
appena nata, oppresso da una colpa che lo schiacciava come un macigno: l’aver
partecipato all’assassinio della loro madre ancora incinta. Elektra sa che lei
stessa è sopravvissuta solo per caso: miracolosamente i proiettili che uccisero
sua madre la lasciarono indenne e lei fu estratta viva dal suo ventre, nata da
una donna già morta. Le hanno detto che Christina Niatchos era una donna di
costumi fin troppo facili, ripetutamente infedele e che la cosa esasperò a tal
punto il figlio poco più che adolescente da indurlo vendicarsi ingaggiando dei killer per ucciderla. Certo, se ne pentì
subito dopo, ma ormai il danno era fatto. Per tutta la sua vita Elektra ha
allontanato da se quel pensiero e non c’è mai stato odio in lei per il
fratello... almeno sino ad ora.
-Cosa ti fa pensare che io sappia
qualcosa di questa faccenda?- chiede Orestez.
-Chiamalo istinto, se vuoi…-
replica Elektra -... ma io so che tu c’entri in qualche modo e ti avverto: se
Nina non salta fuori, viva ed in buona salute qualcuno la pagherà cara… e tra
questi ci sarai tu, se scopro di aver ragione.-
-Si, so che parli sul serio. Hai
la mia parola, Elektra, nessun innocente morirà se io potrò evitarlo.-
È
quasi un’ammissione che lui c’entra e la cosa non sfugge ad Elektra... se solo
potesse essere sicura…
-Ti sei sistemato bene qui,
fratello.- gli dice –L’ultima cosa che mi aspettavo da te era trovarti in un ufficio
ad amministrare i beni di nostro padre.-
-La gente cambia e poi… qualcuno
doveva farlo, visto che tu sei scomparsa dopo la sua morte.-
-Sono stata alla villa oggi… è in
stato di abbandono.-
-Quel posto non m’interessa: è
troppo pieno di brutti ricordi.-
Elektra
annuisce, per lei è la stessa cosa.
-Me ne vado.- annuncia –Ma
tornerò, stanne certo.-
-Lo spero. Le porte di questo
palazzo saranno sempre aperte per te, sorella, contaci.-
La
porta dello studio si è appena chiusa alle spalle di Elektra, che da una
porticina laterale entra un uomo: un giapponese dai capelli lunghi ed un
gessato scuro indosso. Il suo nome è Matsuo Tsurabaya ed è uno dei capi della
Mano.
-Credo che lei sappia del nostro
accordo.- dice.
-Oh certo che lo sa…- replica
Orestez -.. o meglio: l’ha intuito e adesso sa anche cosa aspettarsi.-
-I miei uomini potrebbero
ucciderla.-
-Non lo faranno. Primo: io non
voglio che accada. Secondo: non ci riuscirebbero comunque: lei è troppo in
gamba per tutti loro… tranne forse uno… e quell’uno non è ancora pronto per
ucciderla.-
Così
dicendo, Orestez Niatchos si concede un enigmatico sorriso.
5.
Il
nome del locale ha poca importanza, forse nemmeno i suoi avventori fanno più
caso all’insegna posta all'ingresso. È uno di quei posti in cui la cosiddetta
gente perbene non osa avventurarsi nemmeno quando è in cerca di forti
emozioni e neanche la Polizia osa
entrare se non in forze, figuriamoci, quindi, un uomo solo. Ma… e se quest’uomo
fosse Luke Cage?
Il suo
ingresso è seguito da un attimo di silenzio e da decine d’occhi che lo scrutano
e lo classificano. Nessuno parla mentre si avvicina al banco e si rivolge al
barista:
-Se hai una birra che non sia
troppo schifosa, dammene una pinta.-
-Non sono certo di volerti
servire, fratello.-
Luke
lo afferra per il bavero e lo solleva trascinandolo oltre il bancone.
-Non sono tuo fratello, questo è
sicuro e lasciamo perdere la birra. Quel che voglio è un nome e tu ed i
presenti me lo darete.-
-Qui nessuno fa la spia, amico.-
gli replica uno degli avventori –Cosa ti fa pensare che qualcuno ti direbbe
qualcosa?-
Cage
fa un sorriso cattivo prima di rispondere:
-Perché ci tenete ai vostri denti
ed alle vostre ossa ed io sono pronto a spezzarvele tutte se non saprò quel che
voglio sapere.-
In
un lampo, coltelli, pistole ed altri generi di armi appaiono nelle mani degli
avventori ed uno dice:
-E davvero pensi di riuscirci
negraccio?-
Ancora
una volta le labbra di Luke si stirano in un maligno sorriso.
-Oh si.- risponde.
Circa
un’ora dopo, un gruppetto di perplessi detective e poliziotti in uniforme
osserva uno scenario di devastazione.
-Sembra il passaggio di un
uragano.- commenta uno –Sembra impossibile che sia opera di un solo uomo… a
meno che non sia Hulk o la Cosa.-
-Se quell’uomo è Luke Cage c’è
poco da sorprendersi.- aggiunge il Capitano Rafael Scarfe. -È sulle tracce di
un assassino che ha ferito due suoi cari amici ed ucciso un agente federale,
una donna a cui teneva. È furioso e non c’è da stupirsi che reagisca così.-
-Credi che abbia ottenuto l’informazione
che cercava?- gli chiede l’Agente Speciale del F.B.I. Phil Corrigan, appena
giunto anche lui sul posto.
-Se questi balordi la sapevano,
scommetterei proprio di si… e la sapremo anche noi adesso. Vedi, Phil, Quentin
Chase è uno dei miei migliori agenti e solo per un pelo ho evitato di dover dire
a sua moglie ed a sua figlia che erano diventate una vedova ed un’orfana. Non
piangerò certo sulla sorte di questi banditi di mezza tacca e sta sicuro che mi
diranno quel che voglio sapere adesso se li minaccio di ridarli in pasto a
Cage.-
-Chissà dov’è ora lui, a
proposito.-
-Oh, se è per quello, lo sapremo
abbastanza presto, credimi. Quelli come lui si lasciano dietro tracce
abbastanza evidenti, di solito.-
Elektra
raggiunge la sua camera in uno dei migliori hotel di Atene e si affretta a
liberarsi del vestito nero che ha indossato durante il suo colloquio col
fratello per indossare il suo costume rosso da combattimento ed avvolgersi la
bandana intorno alla fronte, poi esce sul terrazzo.
Stanno
arrivando, li sente: i killer della Mano decisi ad avere il suo sangue. Può
quasi vederli saltare di tetto in tetto, praticamente invisibili alla gente
comune, si avvicinano sempre di più… presto saranno da lei ed il sangue
scorrerà Elektra sorride e si prepara a
combattere.
NOTE DELL’AUTORE
Termina
qui, così, anche questa seconda parte, che lascia irrisolte alcune questioni e
ci porta dritti verso un finale al calor bianco che ne risolverà molte, ma
forse non tutte. Nel frattempo, ecco un po’ di note.
1) Tekagi ed
il Clan dei Serpentieri sono creazioni di D.G. Chichister & Scott McDaniel
e sono comparsi per la prima volta in Daredevil, Vol 1° #319 (Devil Alfa, noto
anche come Special Events #1), ovvero il primo capitolo della famigerata saga “Caduta
dal Paradiso”. Chi sia realmente Tekagi non è chiaro, ma sembra certo che un
tempo fosse un normale essere umano mutato da energie arcane in modo da
assumere fattezze semi bestiali. IL suo vanto è una spada chiamata Sakki, la
tempra dell’assassino, la cui lama è una cosa viva e malvagia e si nutre del
sangue degli innocenti. Elektra lo uccise, trafiggendolo proprio con quella
spada ed entrambi, uomo e katana, furono consumati dall’arcana energia di quel
magico strumento di morte. Ora Tekagi è tornato, ma sotto il costume e la
maschera rituale si cela sempre lo stesso uomo o questa è una nuova
incarnazione? Elektra è destinata a scoprire la verità nel modo più duro: sulla
sua pelle.
2) Ogun,
citato da Tekagi è un uomo o forse una mistica entità o forse entrambe, che
vive da secoli ed ha addestrato molti ninja del Giappone. È stato anche maestro
di Wolverine e, in tempi più recenti, di Kitty Pryde, come rivelato nella
miniserie Kitty Pryde & Wolverine (In Italia Play Book #2).
3) La
Fondazione Niatchos è stata creata dai soliti Chichister &McDaniel nella miniserie “Elektra: Root of evil”. Gli scopi di quest’ente con sede in
Grecia non sono ben chiari, ma è possibile che abbia finanziato alcuni progetti
della stessa Elektra. L’idea di porvi a capo il fratello di Elektra, così come
quella dei suoi legami con la Mano,
sono interamente mie.
4) A
proposito di Orestez Niatchos: non è chiaro quanti anni abbia, ma tutti gli
indizi portano a ritenere che ne abbia, comunque, all’incirca 15 più di Elektra
e che, quindi, adesso sia vicino ai 50 anni. C’è da chiedersi come a 14/15 anni
sapesse dove trovare una squadra di killers da incaricare dell’assassinio della
madre ed in un modo tanto spettacolare come quello narrato da Frank Miller
& Bill Sienkiewicz in Elektra Assassin #1. Evidentemente c’è ancora molto
sulla famiglia Niatchos che non sappiamo.
5) Vi avevo
promesso il ritorno di Shang Chi in quest’episodio, beh, accontentatevi di
averlo almeno sentito nominare. -_^ Scherzi a parte, nel prossimo episodio
tornerà tutto il gruppo dei nemici di Fu Manchu e forse anche Fu Manchu stesso
e magari la sua perfida figlia Fah Lo Suee. Dovrete esserci per saperlo.
Nel
prossimo episodio: il destino di Elektra e quello di Nina McCabe sono decisi in
un confronto all’ultimo,sangue con Tekagi ed i Serpentieri; Moon Knight prende
una dura decisione e Luke incontra il suo nemico. Questo e qualche altra
sorpresa vi aspettano proprio qui. Non mancate.
[1] Nell’episodio #38 per me e per voi
[2] Sigla con cui è noto il Bureau of Alcohol, Tobacco, Firearms and Explosives, l’agenzia americana che si occupa del controllo di queste merci pericolose.
[3] Come narrato in Elektra: Root of evil #1/4 (Wiz #3/7).
[4] Come visto in vividi dettagli nell’episodio #38.